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Geopolitica e cucina

ago 31, 2022

Mi piace la geopolitica, forse perché lavorando in diversi parti del mondo ho avuto la fortuna di conoscere diversi modi di pensare, di confrontarmi con differenti punti di vista oppure...

semplicemente perché mi sento e sono cittadino del mondo e per me ogni volto è uguale al mio e quando mi fermo a pensare alla mia storia è inevitabile, per me, tornare con la mente ai miei trisavoli, perno dal quale oggi porto avanti la mia professione.

Se dovessi raccontare la loro storia dovrei tornare indietro tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, tanto tempo fa insomma.

Il mio trisavolo, Gennaro Russo, era un artigiano, faceva scarpe, sua moglie Orsola, la mia trisavola, era una donna energica e di spirito che trovava sempre parole di conforto quando Gennaro aveva giornate storte a causa di clienti troppo lamentosi o quando Ignazio, uno dei figli, si lamentava perché aveva fatto tardi a lavoro e non aveva fatto in tempo a fare la strada insieme alla sua amata Virginia De Laurentiis, insomma erano una bella famiglia.

Ad Acerra dove vivevano, il paese che ha dato vita al personaggio Pulcinella, erano ben voluti da tutti. Quando si entrava nella bottega del mio trisavolo si poteva respirare l’odore dei prodotti per lucidare la pelle. Spesso, raccontava mio nonno, i clienti si fermavano da lui non solo per commissionare scarpe o per concordare degli “aggiustamenti” a quelle che ancora non sia aveva la possibilità di cambiare, ma anche per chiedere consiglio, per confrontarsi sulle scelte amorose o sulla possibilità o meno d’imbarcarsi sul transatlantico che partiva in direzione Stati Uniti


Lui ascoltava sempre con interesse e nel dare risposte cercava sempre di essere lucido e attaccato a quelle che potevano essere le possibili conseguenze alle scelte fatte.

In quegli anni si abbandonava l’Italia alla ricerca di fortuna, di possibilità che qui in patria, per alcuni, sembravano non arrivare mai. Per il trisavolo Gennaro tutto questo era comprensibile ma anche molto triste, molti dei suoi amici erano partiti e a lui erano rimaste solo delle lettere e la nostalgia dei tempi passati.

La cosa che, però, lo rincuorava era vedere passare tutti i giorni, suo figlio Ignazio insieme a Virginia. Il suo ragazzo e Virginia, i miei bisnonni, erano cuochi in un locale del paese e tra una padella e una pentola era scattata quest’amore reciproco ma che nessuno dei due confidava all’altro. Accanto a quella ragazza, il mio bisnonno, diventava quasi timido ma con un senso umoristico spiccato e percorrevano la via del rientro a casa ridendo e scherzando come due ragazzini.

“Lei ancora non lo sa ma diventerà mia moglie, altro che transatlantico”; questo era quello che diceva Ignazio quando la presenza di una persana fidata accanto a lui corrispondeva col tempo d’attesa della sua amata dall’uscita del locale.

Ma si sa, la vita a volte fa dei giri strani e quando sembra che tutto stia per rovinarsi inesorabilmente ecco lo stravolgimento e il passo positivo che tanto si aspetta.

Questo è quello che successe al mio bisnonno, il cuoco di Acerra che per scappare da una situazione ormai troppo complicata e spinosa si ritrovò, senza una lira, nella stiva di qual transatlantico che, in tempi non sospetti, per lui non era neppure l’ultima delle possibilità contemplabili.

Invece, mano nella mano con Virginia era in direzione di qual nuovo mondo che qualcosa di buono aveva offerto a molti prima e sicuramente avrebbe portato fortuna pure a loro.

Quando appoggiarono i piedi sulla terra ferma, dopo un lungo mese di viaggio, gli occhi del mio bisnonno Ignazio si riempirono di lacrime, non tanto perché finalmente era finito qual costante dondolio che delle volte diventava insostenibile ma perché quel primo passo mosso nello stato di New York, lo sentiva nel cuore come l’inizio di qualcosa di bello che con Virginia al suo fianco sarebbe stato meraviglioso.


Da quel momento, possiamo dire, è storia. I miei bisnonni iniziarono a lavorare come cuochi anche a Little Italy preparando i piatti della tradizione partenopea come le polpette o la pasta fatta in casa insomma, cibi che molti dei residenti della “piccola Italia” non mangiavano da molto tempo. Da lì sette figli tra cui Michelina, mia nonna, dalla quale io presi il nome.

Quello che all’inizio arrivò negli Stati Uniti come semplice emigrante italiano divenne il fautore dell’amore mediterraneo attraverso la buona cucina che ancora oggi si può assaporare da Gino’s pizza a New York city ma questa è un’altra storia che vi racconterò la prossima volta.




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